RELAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO LEGGE N° 92/2012 LE MODIFICHE APPORTATE IN TEMA DI DIMISSIONI E LICENZIAMENTO

 Dal 18 luglio 2012 è operativa la norma prevista dalla Legge n. 92/2012 (Riforma del mercato del lavoro) relativa alla convalida delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali per tutti i lavoratori e le lavoratrici.

 

Le procedure previste sono 2:
 
1. Convalida presso la Direzione territoriale del lavoro competente per territorio per:

Ø       la lavoratrice durante il periodo di gravidanza

Ø la lavoratrice ed il lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino

la lavoratrice ed il lavoratore durante i primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento
comma 4, dell'articolo 55, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all'articolo 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro
2. Per tutti gli altri lavoratori e lavoratrici:
 tramite apposizione della firma del lavoratore/trice sulla ricevuta al modello di cessazione inviato, tramite l'UniLav, al Centro per l'Impiego
- tramite convalida presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l'Impiego competente per territorio
stralcio dei commi 17 e 18, dell'articolo 4, Legge n. 92/2012
17. .... l'efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla convalida effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l'impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
18. In alternativa alla procedura di cui al comma 17, l'efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del lavoratore apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro....
 
Le dimissioni o la risoluzione consensuale sono sospensivamente condizionate ad una delle procedure di convalida sopra indicate.

Ø  LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO.

Ø LA PROCEDURA OBBLIGATORIA DI CONCILIAZIONE

DEFINIZIONE:

è la nuova procedura obbligatoria di conciliazione che il datore di lavoro è tenuto ad attivare innanzi alle commissioni provinciali di conciliazione ax art. 410 c.p.c. nel caso in cui intenda liceziare un lavoratore per giustificato motivo oggettivo.

FONTI NORMATIVE:

Ø      art. 18 della Legge n. 300/70 per come modificato dalla Legge n. 92/12 ("Legge Fornero")

Ø      art. 7 della Legge 604/66 per come modificato dall'art. 1, comma 40, della Legge n. 92/12 ("Legge Fornero")

Ø      circolare n. 3 del 16 gennaio 2013 emanata dal Ministero del lavoro a chiarimento della nuova procedura.

DATORI DI LAVORO SOGGETTI ALLA PROCEDURA:

Soggetti:

Ø datori di lavoro (imprenditori o non imprenditori) con più di 15 unità o più di 5 in caso di imprenditori agricoli: in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio, reparto

Ø datori di lavoro (imprenditori o non imprenditori) con più di 15 unità o più di 5 in caso di imprenditori agricoli: in ambito comunale (pur se in ciascuna unità produttiva non si raggiungano tali limiti numerici)

Ø      datori di lavoro (imprenditori o non imprenditori) con più di 60 dipendenti su scala nazionale.

Base di calcolo:

Ø i lavoratori part-time a tempo indeterminato, i lavoratori "intermittenti" e i lavoratori "in lavoro ripartito" sono computati "pro quota" rispetto al full-time (ciò significa, ad esempio, che se il datore di lavoro ha due dipendenti part-time a 20 ore settimanali, i due lavoratori vanno conteggiati come uno solo nella base di calcolo in quanto come unità si intende il lavoratore che lavora a tempo pieno 40 ore settimanali);

Ø non vengono conteggiati nella base numerica il coniuge e i parenti entro il secondo grado in linea diretta e collaterale;

Ø non vengono conteggiati i lavoratori assunti con particolari tipologie contrattuali: apprendistato, inserimento (dal prossimo anno non più previsto), reinserimento ex art. 20 legge 223/91, impiego nei lavori socialmente utili o di pubblica utilità ex art. 7 comma 7 del D.Lgs n. 81/2000, lavoratori somministrati che non rientrano nell'organico dell'utilizzatore ex art. 22 comma 4 D.Lgs 276/2003;

Ø vengono compresi nel calcolo: i lavoratori subordinati delle cooperative di produzione e lavoro ex art. 1 comm 3 legge 142/2001, i lavoratoti a domicilio, i lavoratori sportivi professionisti ex artt. 4 comma 9 legge 91/81;  

Ø il calcolo della base numerica  non va fatto rispetto ai dipendenti in forza lavoro al momento del licenziamento, ma con riferimento al numero di dipendenti in forza lavoro negli ultimi 6 mesi antecedenti al licenziamento (senza tener conto dei periodi di temporanea contrazione del personale, mentre per le aziende con occupazione "fluttuante", ossia che varia durante l'anno per motivi di mercato o di stagionalità dell'attività, si fa un calcolo "in media" o secondo quella che è la "normalità" dell'occupazione).

MOTIVAZIONI DEL LICENZIAMENTO:

Scelta:

spetta solo al datore di lavoro per cui, quando il motivo oggettivo non è simulato o pretestuoso, l'opportunità di procedere al licenziamento non è sindacabile dal giudice del lavoro;

Motivazioni (non esaustive):

Ø ristrutturazioni di reparti (e impossibilità di impiego in diverse mansioni compatibili)

Ø      soppressione del posto di lavoro (e impossibilità di impiego in diverse mansioni compatibili)

Ø      terziarizzazione ed esternalizzazione di attività

Ø      inidoneità fisica

Ø      licenziamento del lavoratore a tempo indeterminato in edilizia anche per chiusura del cantiere

Ø      impossibilità del "repechage" (reimpiego) all'interno del gruppo di imprese

Ø      provvedimenti di natura amministrativa che incidono sul rapporto (es. ritiro porto d'armi per guardia giurata)

Ø      sottoposizione a misure detentive.

Ø      necessità di procedere per esigenze oggettive dell'azienda a licenziamenti individuali nell'arco di 120 giorni  fino ad un massimo di 4 (al superamento di tale soglia si applica, invece, la procedura prevista per i licenziamenti collettivi di cui alla legge 223/91).

Esclusioni: licenziamento per superamento del periodo di comporto.

 

ITER DELLA PROCEDURA:

A) comunicazione scritta inviata da datore di lavoro alla Direzione Territoriale del Lavoro competente secondo il luogo di svolgimento del rapporto di lavoro (attraverso A/R o posta elettronica certificata), la quale dovrà essere trasmessa "per conoscenza" anche al lavoratore e si intenderà andata "a buon fine" se spedita presso il domicilio risultante dal contratto o a quello successivamente indicato oppure se consegnata a mano con ricezione attestata da una firma in copia.

La comunicazione deve contenere espressamente:

l'intenzione" di procedere al licenziamento

il "motivo" oggettivo di licenziamento

eventuali "misure di assistenza" finalizzate ad una ricollocazione del lavoratore (non necessariamente consistenti in un'offerta lavorativa in regime di subordinazione, ma anche con lavoro autonomo o in cooperativa)

B ) convocazione delle parti a mezzo raccomandata o preferibilmente posta elettronica certificata da parte della DTL entro 7 giorni (perentori) dalla ricezione dell'istanza inviata dal datore di lavoro.

C) la procedura di conciliazione, così come previsto dalla legge, deve concludersi entro 20 giorni (salvo "sospensione temporanea per un periodo massimo di 15 giorni", in presenza di legittimo e documentato impedimento del lavoratore per malattia o motivo diverso attinente alla propia sfera familiare o "dilazione del tempo" richiesta dalle Parti per poter raggiungere un accordo), dalla data di convocazione del datore di lavoro e del lavoratore da parte della DTL (nei 20 giorni si computano anche quelli necessari alla ricezione della lettera raccomandata laddove la DTL invii convocazione per A/R, mentre farà fede la data di inoltro della mail, in caso di invio dell'incontro per posta elettronica certificata). Durante l'incontro davanti alla Commissione di conciliazione, le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui siano iscritte o abbiano conferito mandato o da un componente la RSA o la RSU, da un avvocato o da un consulente iscritti ad albo.

ESITO NEGATIVO DELLA CONCILIAZIONE:

         

"Verbale di assenza di una o entrambe le parti".

 Se il lavoratore non si presenta senza giustificato motivo il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento, mentre se il datore di lavoro non si presenta senza giustificato motivo non potrà procedere legittimamente al licenziamento.

"Mancata effettuazione della convocazione".

Se per qualsiasi motivo non è stata effettuata la convocazione dalla DTL entro 7 giorni dalla ricezione della richiesta del datore di lavoro, quest'ultimo potrà procedere al licenziamento. 

 "Verbale di mancato accordo"

nel quale dovranno essere riportate le posizioni delle parti in modo che sia valutabile il comportamento tenuto dalle stesse nella fase conciliativa.

Con il fallimento della conciliazione, il datore di lavoro può procedere al licenziamento del lavoratore che avrà "effetto retroattivo", ossia produrrà i suoi effetti dal giorno in cui la procedura è iniziata (più precisamente, dal giorno in cui la DTL riceve la comunicazione contenente l'intenzione di licenziare da parte del datore di lavoro). Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura di conciliazione, si considera come "preavviso lavorato", con conseguente riduzione della relativa indennità in ragione della retribuzione corrisposta nello stesso periodo. Al di là dei casi di licenziamento nullo in quanto comminato durante il periodo di maternità o paternità, il licenziamento viene sospeso solo in caso di infortunio sul lavoro e non in caso di malattia, al fine di stabilire una "data legale" certa della risoluzione del rapporto di lavoro ed evitare rallentamenti procedurali derivanti dall'insorgenza della malattia.

Il contenuto del verbale di mancato accordo è fondamentale ai fini di una eventuale impugnazione del licenziamento, poiché costituisce strumento di valutazione da parte del giudice ai fini della determinazione dell'indennità risarcitoria di cui al nuovo art. 18 comma 7 della Legge 300/70 (si pensi al caso in cui il lavoratore in sede di conciliazione abbia sollevato l'eccezione per cui non trattasi di licenziamento per motivo oggettivo, ma discriminatorio o disciplinare).

ESITO POSITIVO DELLA CONCILIAZIONE:

                          

Verbale di accordo:

Ø  alternativa al licenziamento: in luogo del licenziamento intimato dal datore di lavoro, si conviene, ad esempio, un trasferimento o una riduzione a tempo parziale del rapporto di lavoro. In tal caso, la decisione verbalizzata sarà inoppugnabile poiché trattasi di conciliazione ex art. 410 c.p.c.

Ø  risoluzione consensuale del rapporto di lavoro: in questo caso, trattandosi di risoluzione consensuale sottoscritta in presenza della Commissione provinciale di conciliazione, non richiederà la convalida così come previsto dalla nuova normativa in caso di dimissioni. Inoltre, il lavoratore avrà diritto all'ASpI, destinata a sostituire l'indennità ordinaria di disoccupazione (trattandosi di "cessazione involontaria del rapporto di lavoro", così come chiarito dall'INPS con  Messaggio n. 20830 del 18.12.2012). In sede di verbale di risoluzione consensulae del rapporto di lavoro è posibile dirimere anche questioni economiche (differenze retributive, straordinario, TFR ed altro), purchè il lavoratore abbia piemna consapevolezza della definitività della questione e della inoppugnabilità ex art. 410 c.p.c. E' necasario, inoltre, che le somme corrisposte al lavoratore in dipendenza del licenziamento e quelle corrisposte per questioni economiche siano ben differenziate nel verbale.

LE SANZIONI IN CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO:

Aziende sotto i 15 dipendenti (tutela obbligatoria):

Ø  il licenziamento individuale illegittimo è sanzionato con un'indennità fra 2,5 e 6 mensilità senza obbligo di reintegro

Ø  il licenziamento discriminatorio è sanzionato con il reintegro, senza onere della prova a carico del lavoratore, perché è il giudice stabilire se il licenziamento è discriminatorio.

Aziende sopra i 15 dipendenti (tutela reale):

 Licenziamento economico per giustificato motivo oggettivo

In caso di licenziamento economico per giustificato motivo oggettivo, è previsto il reintegro del lavoratore solo se c'è manifesta insussistenza delle ragioni che hanno portato al licenziamento, più un risarcimento massimo di 12 mensilità.

Il licenziamento per motivi economici, se ritenuto illegittimo, porta quindi ad un indennizzo e non più ad un reintegro, come era con l'applicazione della tutela reale. L'indennizzo è pari ad un'indennità che va da un minimo di 12 mensilità ad un massimo di 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale. Il giudice per determinare l'indennità spettante tra il minimo e il massimo previsto tiene conto delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione.

Licenziamenti disciplinari per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo.

Ø  Nei casi di licenziamenti disciplinari illegittimi, il reintegro non è automatico e viene ridotta la discrezionalità del giudice che potrà scegliere il reintegro solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi. Nel caso di licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo viene introdotto un doppio regime sanzionatorio.

Ø  Se il fatto non sussiste, o è riconducibile a condotte che possono essere punite con una sanzione minore, rispetto al licenziamento, sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi e dai codici disciplinari (e quindi non anche dalle previsioni di legge), il giudice dispone il reintegro del lavoratore e riconosce un'indennità risarcitoria pari ad un massimo di 12 mensilità.

Ø  In tutti gli altri casi, pur se dichiarato illegittimo il licenziamento, scatta solo il pagamento di un'indennità risarcitoria tra le 12 e le 24 mensilità, calcolata in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero degli occupati in azienda e delle dimensioni della stessa.

Licenziamenti discriminatori:

Ø  Se il licenziamento intimato dal datore di lavoro è riconosciuto come discriminatorio, per ragioni di credo politico o fede religiosa, di discriminazione razziale, di lingua o di sesso, è previsto il reintegro automatico del lavoratore nel posto di lavoro. La riforma del lavoro sul licenziamento discriminatorio conferma le norme attualmente in vigore. Quindi il reintegro del lavoratore viene riconosciuto a prescindere dalla dimensione aziendale.

Ø  L'indennità di risarcimento verrà commisurata all'ultima retribuzione maturata dal momento del licenziamento fino al momento dell'effettiva reintegrazione nel posto di lavoro e comunque l'indennizzo non può essere inferiore alle 5 mensilità.

Ø  Il dipendente può chiedere il pagamento di 15 mensilità di indennizzo rinunciando al reintegro. In questo caso si ha la contestuale risoluzione del rapporto di lavoro. La richiesta deve essere fatta entro 30 giorni dall'ordine di reintegro o dall'invito del datore di lavoro a rientrare.

Termini e modalità di impugnazione dei licenziamenti:

La legge di riforma del lavoro n. 92/2012, art.1 commi da 37 a 41,  modifica la disciplina dei licenziamenti individuali.

Viene introdotto l'obbligo di indicare nella comunicazione del licenziamento i motivi del recesso, pena l'inefficacia del licenziamento stesso.

La Legge n. 92/2012 prevede che il licenziamento vada impugnato con comunicazione scritta al datore di lavoro entro 120 giorni (prima erano 60 nel Collegato Lavoro-Legge n. 183/2010), dopo di che deve essere proposto con deposito in cancelleria il ricorso giurisdizionale entro i successivi 180 giorni (prima erano 270 nel Collegato Lavoro-Legge n. 183/2010), a pena di decadenza. 

Tale nuova disciplina  trova applicazione unicamente per i licenziamenti intimati successivamente all'entrata in vigore della legge di riforma n. 92/2012.